Risposta:
Una semplice definizione è questa: l’ipercalvinismo è la credenza che Dio salvi gli eletti per mezzo della Sua sovrana volontà, facendo poco o nessun uso dei mezzi per realizzare la salvezza (come l’evangelizzazione, la predicazione e la preghiera per le anime perdute). L’ipercalvinista enfatizza eccessivamente la sovranità di Dio, al punto da non essere più biblico, e mette troppa poca enfasi sulla responsabilità umana nell’opera di salvezza.
Un’ovvia conseguenza dell’ipercalvinismo è che sopprime ogni desiderio di evangelizzare. La maggior parte delle chiese o delle congregazioni che sostengono la teologia ipercalvinista sono segnate dal fatalismo, dalla freddezza e da una mancanza di espressione della fede. C’è poca enfasi sull’amore di Dio per le anime perdute e per il Suo stesso popolo; al contrario, è presente una preoccupazione non biblica riguardo alla sovranità di Dio, alla Sua scelta di chi viene salvato e alla Sua ira nei confronti delle anime perdute. Il vangelo dell’ipercalvinista è una dichiarazione della salvezza di Dio per gli eletti e della dannazione per i perduti.
La Bibbia insegna chiaramente che Dio è sovrano sull’intero universo (Daniele 4:34-35), inclusa la salvezza degli uomini (Efesini 1:3-12). Ma insieme alla sovranità di Dio, la Bibbia insegna anche che la ragione per cui Egli salva le anime perdute è l’amore (Efesini 1:4-5; Giovanni 3:16; 1 Giovanni 4:9-10) e che il mezzo usato da Dio per salvare chi è perduto è la proclamazione della Sua Parola (Romani 10:14-15). La Bibbia dichiara anche che il cristiano deve condividere il vangelo con gli infedeli in modo appassionato e determinato; da ambasciatori di Cristo, dobbiamo "implorare" le persone a riconciliarsi con Dio (2 Corinzi 5:20-21).
L’ipercalvinismo prende una dottrina biblica (la sovranità di Dio) e la spinge ad un estremo non biblico. Nel fare questo sminuisce l’amore di Dio e la necessità di evangelizzare.